L' argomentazione kantiana decolla con la fondamentale diversificazione:
⬥ Giudizi del sentimento -> sono giudizi riflettenti infatti si limitano a riflettere sull'oggetto già formato.
- giudizi estetici -> identificano il bello con ciò che piace universalmente
- giudizi teleologici -> riflettendo in merito alla natura, colgono un ordine finalistico che corrisponde agli interessi dell'umanità
⬥ LA STUTTURA DELLA CRITICA DEL GIUDIZIO
◉ La prima parte della "Critica del giudizio" è dedicata all'esame del giudizio estetico e si concentra sui concetti di "bello" e "sublime".
Il giudizio estetico è contemplativo e disinteressato: non riguarda l'oggetto in sé, ovvero la sua esistenza o il suo possesso, ma la sua raffigurazione e il piacere, l'effetto che comporta.
Il giudizio di gusto esige l'universalità, la quale però non proviene dai concetti.
Il bisogno di universalità dei giudizi di gusto è situata nella comune struttura mentale degli uomini, ossia nelle condizioni a priori di questi giudizi: infatti in tutti gli individui vi è un "senso comune", il quale consente di percepire l'accordo esistente tra l'immagine della cosa e le nostre necessità, di uso e scopo.
In tale accordo e armonia si trova la bellezza, la quale perciò non appartiene alla cosa ma al soggetto.
A differenza del bello, che riguarda la forma dell' oggetto e dunque il suo limite, il sublime è situato in qualcosa di impreciso, indefinito, privo di forma ed esprime il senso di ammirazione che si prova dinanzi al sublime matematico (grandezza della natura) e al sublime dinamico (potenza della natura).
Mentre bello è ciò che armonico, misurato, composto "a regola d'arte", sublime è l'eccessivo, il disordinato, ciò che non è a misura d'uomo ma a sua dismisura, per esempio il vuoto, gli abissi, gli spazi immensi, il silenzio assoluto, l'oscurità o le montagne gigantesche.
Sono belle, afferma Kant, le aiuole di un giardino, sublimi le alte querce; bello il giorno, sublime la notte.
Secondo Kant esiste un sublime matematico, che nasce dallo sgomento per l'immensamente grande: la serie senza limite dei numeri, il pensiero dell'infinità cosmica o dell'eternità temporale.
Dalla contemplazione della potenza della natura nasce invece il sublime dinamico: i grandi fenomeni naturali (temporali. terremoti...), le catastrofi causate dalle forze scatenate della natura che spaventano, ma nello stesso tempo attraggono e affascinano.
E' possibile provare attrazione persino per cio che è brutto, purché sia "tremendamente brutto" (i moderni film horror ne sono un esempio).
Il sublime nasce quindi non dalle qualità dell'oggetto contemplato, ma dalla disposizione d'animo del soggetto.
Mentre la bellezza sviluppa un sentimento di semplice piacere (soddisfazione, appagamento), la sublimità provoca un'emozione ambivalente, un orrore dilettevole, uno stato d'animo in cui al piacere si unisce la paura.
La trattazione di Kant prosegue mettendo in luce la diversa origine del sublime e del bello.
Il giudizio di bellezza nasce da un accordo fra la sensibilità e la ragione, perchè il soggetto ritrova in ciò che contempla gli stessi criteri, gli stessi valori di misura e di proporzione che regolano la sua attività mentale.
Al contrario, il senso del sublime deriva da un conflitto fra sensibilità e ragione.
Ci fa sentire piccoli rispetto all'immensità della natura e indifesi verso la potenza delle sue forze scatenate, ma questo dispiacere dell'immaginazione si accompagna a un piacere della ragione: lo spettacolo delle montagne più alte e degli strapiombi più scoscesi risveglia il sentimento dell'infinito, induce a riflessioni sulla natura dell'uomo e del mondo.
Il sublime suscita sentimenti ambivalenti: la percezione della finitezza e dell'impotenza dell'uomo di fronte all'immensità dell'universo; la consapevolezza della grandezza spirituale dell'uomo, in grado di elevarsi al di sopra del sensibile.
Mediante l'esperienza del sublime l'essere umano è in grado di individuare un'infinità più profonda che si trova all'interno di sé ed è caratterizzata dalla presenza della legge morale e della ragione.
◉ L'ultima riflessione sulla "Critica del giudizio" è dedicata al giudizio teleologico (finalistico).
Quest'ultimo coglie nella natura sia la presenza di scopi che di finalità; si tratta però solamente di un'esigenza propria dell'uomo, che lo porta a ricevere le cause finali dei fenomeni naturali e che si conclude in un'inevitabile visione teleologica.
L'uomo infatti immagina un creatore che orienta gli organismi viventi, e perciò la natura intera, verso il bene.
La teleologia rimane un'ESIGENZA e non vuole raffigurare una conoscenza oggettiva: la teleologia difatti è il frutto, il risultato, di un giudizio di tipo riflettente, che, al posto dei giudizi determinanti i quali possiedono valore conoscitivo, ha un valore solamente di tipo regolativo.